Sapevo che dovevo diventare più forte per via di Kobe. Sapevo che lui era in palestra a lavorare, perciò ogni giorno in cui non volevo allenarmi o sentivo di non poter dare niente di più, pensavo sempre a Kobe Bryant: perché sapevo che lui stava migliorando, e che se io mi fossi preso un giorno di pausa lui ne avrebbe approfittato. Mi mancherà non averlo più: mi ha portato a un livello superiore, mi ha fatto capire quanto sia importante la competizione e la volontà di non voler morire mai. Ho avuto la fortuna di giocare tutta la carriera nella Eastern Conference, e ogni volta dopo le mie partite sapevo che potevo tornare a casa e vedere le sue sulla costa ovest. Sapere che non potrò più farlo mi rende triste.
Ho sempre voluto allenarmi con lui in estate, mettermi al suo fianco e cercare di vedere tutto quello che faceva. Per questo, riuscire finalmente a essere sullo stesso campo con lui e vedere la sua etica del lavoro, il modo in cui si allena ogni giorno, è stata una rivelazione: abbiamo sempre combattuto cercando di detronizzarci l’un l’altro, ma abbiamo sempre avuto rispetto reciproco perché sappiamo quanto tempo lavoriamo sul nostro gioco.
Ricordo che nel 2008, nella partita contro la Spagna nel girone, in una delle prime azioni di gara sfondò un blocco di Pau Gasol e lo mandò per terra, prendendosi un fallo antisportivo. E Pau era già ai Lakers! Pensai: "questo è veramente di un altro livello: gli interessa solo vincere, indipendentemente da chi si trova davanti". Si era completamente dimenticato che Pau era suo compagno e che lo avrebbe rivisto nel giro di tre settimane a Los Angeles. Pazzesco. Non ci sarà mai più nessuno così nella nostra lega. Mai più...
(LeBron James)
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